Le decisioni per l’affidamento dei figli
In fase di separazione o divorzio, nel momento dei distacchi è di grande importanza la gestione di tutti i passaggi, indipendentemente dal fatto che si raggiunga un accordo consensuale o si arrivi a un contenzioso.
È in questa fase che che si dibatte dell’affidamento congiunto o esclusivo dei figli, del loro mantenimento, delle giornate e dei periodi di visita del genitore non collocatario.
Normalmente gli accordi o le sentenze di separazione non variano in fase di divorzio, ma esiste la possibilità che i figli, crescendo manifestino la volontà di andare a vivere stabilmente con il genitore sino a quel momento non affidatario; questa volontà spesso risulta decisiva nella fase di ascolto del minore da parte del giudice.
L’istituto dell’affidamento condiviso con la legge Paniz
Con la legge Paniz, la legge 54 del 2006 viene definito l’istituto dell’affidamento condiviso, mettendo in discussione la teoria secondo la quale il sentire comune e il mondo della psicologia, l’affidamento esclusivo alla madre fosse la soluzione più auspicabile per il minore.
Sin dall’istituzione del divorzio in Italia avvenuta nel 1970 la giurisprudenza prevalente, la consuetudine giuridica quindi si riteneva che la madre fosse la figura genitoriale in grado di assicurare al minore, finito il matrimonio, la migliore assistenza dal punto di vista psicologico ed educativo.
Il padre vedeva così privato del suo ruolo, mantenendo l’obbligo del mantenimento ma potendo incidere molto poco sulle decisioni chiave riguardanti la vita dei figli, frequentandoli in tempi brevissimi e diradati nel tempo che, per ovvie ragioni ne modificavano e ne sminuivano la figura. La madre diveniva quindi di fatto l’unico genitore presente.
A proposito di affido minori la legge 176 del 27 maggio 1991, che ratificava la convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, e con la la legge n.77 del 20 marzo 2003, che ratificava la Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 genaio 1996, la legislazione italiana recepisce anche il diritto del minore a non perdere una delle due figura genitoriali in termini di tempi di frequentazione e di qualità dei rapporti così come quelle dei rispettivi rami familiari che a loro volta spesso perdevano rapporti e contatti con il minore.
Il drastico ridimensionamento del ruolo paterno aveva radici culturali e sociali, nella maggior parte dei casi infatti le madri allora erano casalinghe, avevano giocoforza più tempo da dedicare ai minori e subivano molto spesso oggetto di discriminazioni e considerati soggetti da compatire. Con la legge Paniz del 2006 l’Italia si allinea alla giurisprudenza mondiale prevalente recependo un sentire sempre più condiviso dell’opinione pubblica.
Il Tribunale di Roma con la sentenza n.18799/16, applicando l’articolo 709 ter del codice di procedura civile ha condannato una madre al pagamento di 30 mila euro di multa una madre per aver denigrato l’ex marito di fronte ai figli e ostacolava la frequentazione tra il padre e i minori. Questa sentenza che recepisce pienamente il diritto internazionale va nel senso di una responsabilizzazione di entrambi i genitori in merito al rispetto reciproco e contrastando tutte le forme e le sottili strategie atte a limitare o alienare l’altra figura genitoriale.
Quando l’attività investigativa può essere utile nel processo di affido di minori
Tutta la legislazione e tutti i principi citati in ambito di affido minorile, ovviamente, vigono anche per i figli contesi di genitori non coniugati in matrimonio.
In questo quadro diventa determinante il ruolo di periti tecnici, investigatori privati e consulenti psichiatrici e psicologici, le cui perizie e indagini sulle dinamiche, sull’adeguatezza genitoriale, su casi di atteggiamenti volti all’alienazione dell’altro genitore sono centrali e indispensabili per determinare lo svolgersi dei fatti, come in caso di abusi o falsi abusi e per una reale tutela dei minori.
È indiscutibile che l’affidamento dei figli generi e determini interessi economici che possono a volte determinare difficoltà economiche e sociali per uno dei due coniugi, vi sono genitori, per la maggioranza padri, che una volta privati dell’abitazione non sono in grado di sostenere economicamente l’affitto o l’acquisto di una dimore adatta ad accogliere il minore nei giorni previsti, portandoli a rinunciare anche al poco tempo di frequentazione previsto dalle sentenza, oltre all’assegno di mantenimento infatti anche l’assegnazione della casa coniugale a prescindere da chi dei due sia l’intestatario è uno dei nodi principali in sede di affidamento del minore. Questi aspetto determinano in molti casi diatribe legali senza esclusione di colpi. I casi di PAS (Parental Alienation Syndrome) non sono purtroppo rari, così come non lo sono le denunce per falsi abusi atte ad eliminare dalla vita del minore l’altro coniuge. In questi casi, un genitore può decidere di fare richiesta di affidamento esclusivo del minore avvalendosi, oltre che della professionalità di un buon avvocato, anche delle perizie di psichiatri, psicologi, neuropsichiatri infantili e delle indagini di un’agenzia investigativa.
Le indagini di un investigatore privato per ottenere l’affido esclusivo di un figlio minore
Nei casi in cui un genitore chieda l’affidamento esclusivo dei figli, l’agenzia investigativa potrà supportare la sua richiesta con precise indagini, per esempio sulle inadempienze dell’altro genitore. L’agenzia produrrà prove documentali, che potranno anche essere utilizzate in tribunale, del comportamento inappropriato del padre o della madre del minore o dei minori. Il detective potrà supportare la richiesta di affido con prove, filmati, registrazioni audio e video; potrà controllare e verificare l’idoneità dei luoghi e delle persone frequentati dal minore e in generale fornire un’appropriata documentazione a supporto della richiesta di affido esclusivo.